Rosa, azzurro e....

Rosa, azzurro e....

Siamo intrisi di cultura, di storia e di intrecci antropologici e sociologici.
Nell'educazione dei nostri figli può succedere che mettiamo in atto pensieri e modi di rapportarci che, probabilmente, "arrivano da lontano" come "Non fare la femminuccia, così sembri un maschiaccio, sei forte: sei un uomo! Questo è da maschio/femmina" quante volte abbiamo sentito pronunciare queste affermazioni, per esempio, mentre eravamo in procinto di acquistare un giocattolo o un capo di abbigliamento.

Noi come i nostri figli viviamo in un mondo che, consapevolmente o meno, ci manda stimoli di varia natura; attraverso i media, per esempio: le pubblicità relative all'accudimento dei bambini sono ancora spesso associate alla mamma, come anche i prodotti per la casa. In questi ultimi anni - fortunatamente - ci si sta sempre più muovendo nel solco della consapevolezza del mondo adulto e quindi agendo, educativamente parlando, in modo differente.

Perché esporre un fiocco rosa o uno azzurro alla porta di casa quando nasce un bebè? Perché al sesso viene associato un colore? (Sottolineerei anche che una nota rivista sportiva, che principalmente viene letta da un pubblico maschile, il colore delle pagine è… rosa! E che nell'antichità quello che i greci chiamavano "il fiore degli dei" cioè il garofano rosa veniva utilizzato per coronare gli atleti vittoriosi (1) ). Quanti messaggi mandiamo o riceviamo, ad esempio, facendo indossare un grembiulino differente a seconda del sesso del destinatario, oppure ascoltando la nostra reazione all'esternazione di un'emozione. Nel supportare il pianto di un bambino maschio, ad esempio, o nel lasciare la libertà al/alla bambino/a di scegliere a seconda del suo gusto o di ciò che più gli/le è congeniale in quel momento, aiuteremo quel futuro adulto a sentirsi libero di esprimersi e di essere ciò che è, e di scegliere senza sentirsi giudicato. È importantissimo che quel/la bambino/a abbia a disposizione le possibilità (macchinine e bambole, dinosauri e pentolini, tutti i colori dell'arcobaleno, tutta la gamma delle sue emozioni in tasca) per educarlo/a a scegliere cosa è meglio per sé e che non esistono mansioni/ruoli/lavori predefiniti in base al sesso. È importante altresì educare attraverso il nostro modo di agire, di parlare e di essere tutti i giorni. L'esempio, il nostro esempio, è il bene più prezioso che possiamo donare: suddividendo carichi mentali e "materiali" legati alla gestione domestica e alla cura dei figli, provando a vivere ed essere parità (seppur nelle bellissime sfumature delle differenze…), delineando la nostra genitorialità priva di cliché (anche i papà sanno fare i codini o si sanno prendere cura dei figli senza essere definiti "mammo").

Viviamo ancora intrisi, seppur con molti sforzi di emancipazione, in quella che sappiamo essere la cultura patriarcale, che richiede alle donne e agli uomini - alle madri e ai padri - di rispondere a certi standard fisici, emotivi e lavorativi (se sei donna devi essere bella secondo canone, dolce, sensibile, accogliente, frivola ma anche seria, materna,… se sei uomo devi essere prestante, forte, "quello che non deve chiedere mai", ricoprire posizioni di potere, ecc…).

In questi anni si sono avvicendati studi e testi molto interessanti sul macro tema dello stereotipo di genere (2) (opinione precostituita su persone o gruppi, che prescinde dalla valutazione del singolo caso ed è frutto di un antecedente processo d'ipergeneralizzazione e ipersemplificiazione, ovvero risultato di una falsa operazione deduttiva […]) e tutti hanno evidenziato che se sottoponiamo una serie di immagini ai bambini, questi spesso assoceranno alla figura femminile/materna le figure di accudimento delle persone, della casa, e alle figure maschili/paterne quelle dedicate alla lettura del quotidiano, intente a seguire eventi sportivi o molto occupate nelle questioni lavorative. Molto interessante l'articolo - ricerca di Daniela Soci (Coordinatrice pedagogica dei servizi 0-6 del comune di Modena) "DA FEMMINA E DA MASCHIO. Un progetto sull'identità e le differenze di genere nella scuola dell'infanzia" (3) in cui emergono "La consapevolezza che ciò è tanto più esaltante quanto più ci fa uscire dall'anonimia e dal conformismo a modelli che altri ci impongono può e deve guidare il fatto educativo, teso a costruire progressive prese di coscienza della realtà in cui viviamo, del modo in cui noi interpretiamo — modificandolo e concretizzandolo — sul piano personale e originale il nostro stare in mezzo agli altri, delle scelte che via via facciamo per arricchire la realtà e per rendere noi stessi "più estesi" e quindi più realizzati. (Selmi e Turrini, 1980, p. 82)[…]

Ed è questo a quanto pare uno dei nodi più controversi del recente dibattito sul gender: il riconoscere o meno il ruolo giocato dalla cultura e dalla società nell'identità di genere. (…) Rinunciare al dato biologico significa misconoscere una parte importante della propria identità e il ruolo che può giocare nell'approcciarsi alla realtà. Tenuto conto che la conoscenza è incorporata, il nostro corpo sessuato non è indifferente per quanto riguarda il proprio sviluppo. È anche per questa ragione che è molto grave che l'altra parte, ovvero la componente maschile, sia completamente assente nelle relazioni di cura, privando i bambini e le bambine di un punto di vista altro che pur esperiscono nella maggior parte delle famiglie. Lo stesso si può dire in modo simmetrico per quanto riguarda altre professioni dove è meno presente la componente femminile: pensiamo, ad esempio, almeno nel nostro Paese, al settore delle conoscenze più strettamente scientifiche e tecnologiche.
Rinunciare alla cultura significa ignorare il rischio di condizionamenti che possono ingabbiare maschi e femmine in ruoli predefiniti che ne precludono le possibilità in termini di crescita personale, di accesso al sapere e alle professioni, di consapevolezza e libertà di scelta".

Figli probabilmente delle lotte femministe, piano piano ci stiamo rendendo conto che incasellarci sotto il fantasma del patriarcato ingabbia tutti/e, non solo una parte. Liberarci (o tentare di farlo) del mondo degli stereotipi di genere permetterà agli individui di camminare nel solco del proprio essere, senza dover rispondere ad uno standard e provare a compiere senza remore i primi passi verso la piena consapevolezza ed espressione di sé.

Consigliamo la visione di questo contributo: https://www.facebook.com/watch/live/?v=243336346756331&ref=watch_permalink

Consigli di lettura per bambini:
"Va bene se" di Isabella Paglia ed. Zelig
"La Valigia rosa" di Susie Morgenstern e Serge Bloch ed. Clichy
"Nei panni di Zaff" di Francesca Cavallaro e Manuela Salvi ed. Fatatrac

Consigli di lettura per i genitori:
"Manifesto della mamma imperfetta" di Giordana Ronchi, Edizioni Tlon
"Bastava chiedere – 10 storie di femminismo quotidiano" di EMMA ediziondi Laterza
"Parità in pillole Impara a combattere le piccole e grandi discriminazioni quotidiane" di Irene Facheris ed. Rizzoli
"Perché il femminismo serve anche agli uomini" di Lorenzo Gasparrini Ed Eris
"Rivoluzione Z - diventare adulti migliori con il femminismo" di Giulia Blasi Ed. Rizzoli


(1) Fonte: "Colorama il mio campionario cromatico" di Cruschiform edito da Ippocampo Ragazzi
(2) Dall'enciclopedia Treccani on line
(3) Visionabile qui https://rivistedigitali.erickson.it/educazione-int...

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